Per una riforma dei prelievi forzosi
Bambini prelevati con la forza: solo in casi eccezionali
Va cambiato il modo con cui in Italia i minorenni vengono allontanati dalle famiglie disfunzionali. In particolare, quando si fa ricorso alla forza pubblica. A sostenerlo, in più occasioni, è stata l’Autorità garante Marina Terragni. Un argomento che, a fine luglio, è stato anche al centro di un tavolo di confronto con i ministri per la famiglia Eugenia Roccella, della giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario dell’interno Wanda Ferro.
Al convegno “Famiglia e minori: il libro bianco per la formazione sulla violenza”, tenutosi lo scorso ottobre a Torino, Terragni ha denunciato l’uso improprio dell’intervento della forza pubblica nei casi di rifiuto da parte del minore di incontrare un genitore, spesso ricondotto a presunte condotte ostative della madre. Ha ricordato che il principio dell’ascolto del minore, sancito dalla legge, non può essere aggirato, e ha citato sentenze che ne ribadiscono l’imprescindibilità.
L’Autorità garante ha inoltre criticato l’uso di concetti ascientifici come l’alienazione parentale e la reunification therapy, definite “forme di tortura” da esperti Onu, e ha segnalato come le denunce di violenza possano penalizzare chi le presenta. In conclusione, ha invitato a riflettere sul concetto di bigenitorialità, affinché i diritti dei genitori non prevalgano su quelli dei minori. Sollecitata anche la formazione degli operatori e l’attivazione di un osservatorio presso l’Autorità garante.
L’obiettivo prioritario, secondo Terragni, deve essere la riduzione al minimo dei prelievi dei minorenni, considerandoli misure eccezionali, temporanee e non routinarie. È necessario costruire un sistema efficace di supporto alle famiglie in difficoltà e, se opportuno, di sostegno al genitore. Tale approccio comporterebbe un minore impatto sulla spesa pubblica rispetto al ricorso alle case famiglia. Fondamentale, infine, sarà la disponibilità di dati aggiornati sui prelievi.