Accogliere, come sostenere chi si apre all’affido e all’adozione

I due istituti hanno in comune l’obiettivo di offrire a minorenni privi di un ambiente familiare adeguato la possibilità di crescere in un contesto di cura, stabilità e appartenenza. Ma il quadro attuale segnala una sofferenza di questi strumenti, con il rischio di un allontanamento progressivo delle famiglie dalla disponibilità all’accoglienza

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Anna Guerrieri
Presidente
Coordinamento Care
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I dati più recenti disponibili presso i Tribunali per i minorenni indicano che nel 2022 si sono avute 8.362 domande di disponibilità, 536 affidamenti preadottivi e 755 sentenze di adozione. Sono numeri che segnalano un calo numerico progressivo. Nel 2002, infatti, le disponibilità erano 13.265, gli affidi preadottivi 1.006 e le sentenze definitive di adozione 1.135. 

Il calo numerico diventa tuttavia deflagrante quando si guarda al contesto dell’adozione internazionale. Se nel 2010 venivano adottati internazionalmente 4.130 bambini e bambine, il Rapporto  2023 della Commissione adozioni internazionali indica che nel 2023 è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia solo per 585 minorenni. Tale tendenza non è specifica dell’Italia ma si inserisce in un panorama globale in cui l’andamento dell’adozione internazionale è in caduta libera in tutto il mondo. 

A fronte di questo scenario, la giurisprudenza più recente ha aperto fronti significativi, tra cui l’ammissibilità delle persone singole

 all’adozione internazionale e il consolidarsi di prassi di “adozione aperta”. Si tratta di sviluppi trainati dai giudici, in assenza di una riforma organica della legge 184/1983, con inevitabili disomogeneità applicative tra territori e servizi. 

Come viene ripetutamente rilevato dall’associazionismo familiare, le famiglie che adottano incontrano bambini di età sempre più elevate, con storie complesse, sovente con bisogni speciali da affrontare prontamente e spesso non sufficientemente preparate ai contatti con le famiglie di origine previsti dall’adozione aperta e dall’adozione in casi particolari. La conseguente domanda di sostegno post-adozione pubblico, continuativo e competente è strutturalmente sempre più elevata, ma non sempre trova risposte uniformi nelle reti territoriali.

L’affido familiare

Nel 2023, al netto degli Msna, sono 30.936 i minorenni fuori dalla famiglia di origine, di cui 12.632 in affido residenziale per almeno cinque notti; l’affido etero-familiare pesa per il 61,8% sul totale degli affidi e il 75% degli affidi è giudiziale. La distribuzione degli affidi risulta stabile tra il 2022 e il 2023, senza variazioni significative nella quota etero-familiare. Nel medesimo periodo, tuttavia, l’accoglienza in comunità/strutture residenziali mostra un chiaro incremento.

L’associazionismo familiare, interpellato quotidianamente dai servizi territoriali per cercare famiglie in grado di accogliere bambini e ragazzi nei contesti più differenti e complessi (affidi ponte, affidi urgenti, affidi che possono durare a lungo termine, ecc.), evidenzia ampie criticità: scarsità di famiglie disponibili; sostegno non sempre adeguato a quelle già attive; frammentazione organizzativa dei servizi; disomogeneità nelle prassi di presa in carico, anche per effetto delle innovazioni processuali.

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Le sfide emergenti

È necessario lavorare per restituire fiducia a strumenti che possono garantire a molti bambini e bambine, nati in Italia o all’estero, famiglie affettuose e stabili in cui crescere. 

Queste sono le sfide da affrontare:

  1. Riduzione pluriennale delle adozioni, in particolare di quelle internazionali, e aumento della complessità dei bisogni dei minori con storie di adozione: servono interventi post-adozione strutturali, sistematici e ben integrati con la rete sociale (sanitari, scolastici, psicosociali), a partire dalla presa in carico dei primi 1.000 giorni della famiglia che si forma per adozione.

  2. Diminuzione delle famiglie accoglienti: serve affrontare le difficoltà crescenti tanto nell’adozione nazionale quanto nell’affido, che rischiano di spostare l’ago della bilancia verso i collocamenti residenziali.

  3. Aggiornamento normativo: è necessario superare gli approcci rigidamente bionormativisti ancora presenti nelle normative vigenti per quel che riguarda i congedi parentali (solo tre mesi sono previsti per l’affido), i congedi malattia e i bonus a sostegno delle famiglie.

Il ruolo dell’associazionismo familiare

Un nodo essenziale della rete che sostiene le famiglie adottive e affidatarie – ancora troppo spesso sottovalutato nella programmazione delle politiche e delle prassi – è l’associazionismo familiare. Le associazioni di famiglie adottive e affidatarie sono spazi “né pubblici né privati” che generano bene comune: luoghi di mutuo aiuto, formazione diffusa e attivazione di risorse comunitarie, capaci di prevenire l’isolamento e sostenere le famiglie nei passaggi più delicati. 

L’advocacy esercitata da queste reti ha contribuito a risultati unici in Europa, come le Linee di indirizzo per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni che sono stati adottati (Miur Care 2014; aggiornamento Mim Cai 2023) e le Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori della famiglia di origine (Miur Agia 2017). Per consolidare questo nodo occorrono riconoscimento formale, finanziamenti stabili e integrazione operativa con i tribunali, i servizi territoriali, le scuole e la sanità.

Conclusioni

Adozione e affido non sono istituti residuali: danno concretezza al diritto a crescere in famiglia. Per evitarne la marginalizzazione occorre un cambio di passo: sostegno post-adozione e post-affido come diritto esigibile; omogeneità dei servizi e monitoraggio degli 

esiti; cultura dell’accoglienza che valorizzi la pluralità delle famiglie e garantisca continuità affettiva; associazionismo riconosciuto e sostenuto come nodo fondamentale della rete pubblica di tutela. 

Come si diventa affidatari

a cura del Coordinamento Care

Diventare genitore affidatario significa offrire a bambini e ragazzi un tempo di cura quando la famiglia d’origine attraversa una situazione delicata o di grave difficoltà. Il primo passo è contattare i Servizi sociali o il Centro affidi del proprio territorio, per un colloquio informativo sulle forme dell’affido (a tempo pieno o part-time/diurno, consensuale o disposto dall’autorità giudiziaria) e sugli impegni richiesti. Sebbene gli iter proposti possano variare nei diversi territori, al contatto segue un percorso di conoscenza e valutazione: incontri, formazione di base, colloqui psico-sociali e visite domiciliari. 

Possono proporsi single o coppie, sposate o conviventi, con o senza figli. Non sono richiesti requisiti economici “speciali”: contano stabilità affettiva, tempo da dedicare, capacità di collaborazione con servizi e scuola e una rete di sostegno.

Presentata la disponibilità, si raccolgono i documenti (anagrafici, sanitari, casellario) e si costruisce un progetto personalizzato. L’abbinamento avviene quando profilo della famiglia ed esigenze della persona di minore età coincidono; l’inserimento è graduale. Durante l’affido si lavora in équipe con assistenti sociali e famiglia d’origine, garantendo gli incontri e sostenendo, quando possibile, il rientro a casa. Sono previsti contributo economico, coperture assicurative e supporto professionale. 

In un’ottica di sistema è importante entrare in contatto con le associazioni familiari del territorio, portatrici di esperienza e buone pratiche: offrono orientamento, mentoring tra pari e reti di aiuto che rafforzano la qualità dell’accoglienza dei minorenni. Il percorso inizia con una telefonata al Centro affidi.

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